Notizie da Manaus - Maggio

26.05.2023

Ciao amici e amiche,

Piccolo preambolo: questa mail è in bozza da più di una settimana (per mille motivi non siamo riusciti a terminarla e mandarla in tempo), nel frattempo abbiamo iniziato a festeggiare i 25 anni dell’mcve e avremmo altre tante cose da condividere, ma le lasciamo per la prossima mail, per non abusare troppo della vostra pazienza! Così vi diciamo anche com’è andata la visita di Sandro, Serena, Marta e Cristina

Rieccoci! Scusate la lunga latenza, ma il tempo passa velocemente e noi siamo super assorbiti da questa realtà avvolgente, controversa, complessa, piena di storie.

Noi stiamo bene tutto sommato, un po’ debilitati dal caldo sfiancante e dalle notti sempre interrotte. Le nostre giornate sono pienissime, tra le “normali” attività dell’mcve, i grandi preparativi per il 25esimo anniversario del movimento, una Lia sempre più grande e simpatica, ma anche sempre più selvaggia e furbetta che succhia tantissime energie e regala tanti sorrisi e tanti capelli bianchi.

Abbiamo anche iniziato qualcosa di nuovo: Marghe adesso si sta improvvisando “professoressa” di italiano, sta seguendo due classi, quindi due volte a settimana (più la dovuta programmazione) è impegnata a seguire persone sia dell’mcve sia dell’area missionaria che hanno la curiosità di conoscere un po’ di più l’Italia, la nostra lingua e la nostra cultura.

Gian ha cominciato a collaborare con un’associazione di “catadores”, persone che raccolgono e separano rifiuti e che tentano di lavorare per riciclarli o rivenderli e così guadagnare qualcosina e contribuire anche a promuovere un minimo di sostenibilità ambientale. È un’associazione che da molto tempo è presente qui a Manaus e che è sempre stata in qualche modo legata all’mcve grazie a diverse collaborazioni avviate nel tempo e soprattutto perché il terreno in cui i catadores si trovano a lavorare è di proprietà del movimento.
La storia sarebbe molto lunga e complicata, quindi adesso non ci addentriamo troppo in questo argomento (per i curiosi: vi consigliamo di chiedere i dettagli a don Riccardo, che l’ha seguita dall’inizio 😜). Vi diciamo solo che prossimamente quest’associazione Filhos de Guadalupe dovrá trasferirsi in un altro luogo e a Gian è stato chiesto di supportarli tanto in questo passaggio, quanto in una pianificazione di massima delle prossime attività.

Noi siamo molto molto stanchi, arriviamo alle otto di sera già spompati, ma possiamo anche dire di essere felici!

Parliamo di quella felicità che magari è un po’ faticosa, in cui non sempre si ha un sorriso stampato in faccia perché le sfide sono tante e le domande e i dubbi pure, ma si tratta di quella sensazione di sentirsi nel posto giusto, di intuire che le scelte fatte hanno un senso importante, per quanto non sempre definito e chiaro.

Ogni giorno continuiamo a incontrare nuove luci e nuove ombre di questa città, di questo quartiere che man mano comprendiamo come mai sia definito “Zona Rossa”. E più andiamo avanti più ci rendiamo conto che noi stranieri possiamo capire solo una piccola parte di tutto questo, perché non lo abbiamo vissuto fin dalla nascita sulla nostra pelle.
Così invitiamo anche voi, mentre leggete le nostre righe, a sospendere il giudizio (esercizio difficilissimo!) e a tenere presente che vi stiamo presentando solo un piccolo, momentaneo, nostro e situato punto di vista.

LE OMBRE: LA ZONA ROSSA
I furti in quest’area periferica sono all’ordine del giorno. Rubano pezzi di cavo elettrico lasciando intere zone senza energia; rubano lucchetti dimenticati aperti; rubano cucchiai e stoviglie alle mense popolari; scippano borse e cellulari negli autobus e nelle strade secondarie; saltano i muri delle case per sgraffignare quello che c’è nel cortile e non di rado entrano nelle abitazioni alla ricerca di qualcosa da rivendere.
È successo un paio di settimane fa a un nostro amico e collega: sua moglie nel cuore della notte stava andando a prendere un bicchiere d’acqua per la bambina e ha trovato dentro casa uno sconosciuto. Le si è gelato il sangue, ha avvisato il marito che è scattato all’inseguimento del ladro, che però è riuscito a fuggire.
Nei giorni seguenti ci hanno raccontato un po’ come funzionano queste cose nel bairro e ci siamo sentiti come in un film.
Hanno usato parole dure per narrare una realtà ancora più dura, controllata dalla paura, dalla violenza e dalla legge del traffico.
Spesso i ladri sono adolescenti di 16-17 anni. Di solito rubano per rivendere, per potersi comprare una dose. Magari anche loro hanno iniziato come piccoli spacciatori perché vendere droga è un impiego “sicuro” che porta “soldi facili”, che fanno sempre gola se la tua famiglia vive in pochi metri quadrati e a stento riesce a garantire un pasto al giorno ai figli. Ma poi finiscono per diventare a loro volta dipendenti, bisognosi di soldi per mantenere il vizio. E coi trafficanti non si scherza: se non paghi col denaro, paghi con la vita. Allora ci si dà ai piccoli furti.
Anche rubare in zone controllate dal traffico, però, è un rischio: attiri gli sguardi indiscreti della polizia.
Infatti i trafficanti “proteggono” gelosamente il loro quartiere e se trovano dei ladruncoli la prima volta li menano a sangue come avvertimento, ma se questo non funziona e li si becca un’altra volta, allora è la fine.
Ci sono stradine e campi adibiti alle esecuzioni che i trafficanti fanno ogni settimana per punire i trasgressori e i debitori.
La polizia? Beh, finché sono i “pori cristi” a rimetterci le penne non si sognano di intromettersi in questo sistema di giustizia alternativo.
Ci hanno detto che a Manaus c’è un giorno nell’anno in cui la notte viene illuminata a festa da centinaia di fuochi d’artificio: è il Traffico che festeggia il giorno in cui ha preso il controllo di gran parte della città, che ora è in mano loro (e non dello stato).

Vi immaginate nascere, crescere, vivere in un contesto del genere?
Dove la povertà è una spirale che ti ingoia, fatta di mancanza di opportunità, di traumi infantili, di assenza di figure sane di riferimento, di carenze nel sistema scolastico, sanitario, statale, di violenza subita, assistita, appresa, di organizzazioni criminali che controllano l’economia, la vita e la morte nel tuo quartiere, di tanta fame, di desiderio di stare meglio, di avere le stesse cose che ha un ragazzino della tua età che vive in altre parti del mondo…

Noi stessi che siamo qui facciamo ancora fatica a realizzare tutto ciò, perché comunque restiamo fuori da questi affari e avvenimenti “paralleli”. Noi non siamo in condizioni di necessità e non siamo né interessati, né costretti o portati a farci coinvolgere da questo giro. Godiamo di una protezione speciale solo per il fatto di essere stranieri e missionari legati alla Chiesa, per la quale esiste ancora un relativo rispetto.

LE LUCI: LA FORZA DI CHI SI RIALZA
Eppure il destino degli esseri umani non è completamente determinato dal loro contesto, anche se inevitabilmente ne è influenzato.
Stiamo conoscendo un popolo forte, persone che riescono a prendere in mano la propria vita e a combattere per cambiare le cose. Conosciamo giovani che studiano duro e contemporaneamente lavorano, perché sanno che solo così potranno dare un futuro diverso a se stessi e alle loro possibili famiglie.
Vediamo mamme che dopo anni di maltrattamenti subiti dagli uomini riescono finalmente a separarsi e, gestendo i figli, la casa, l’economia familiare e nuovi percorsi professionali, riescono finalmente (dopo mille sacrifici) a vivere più libere e indipendenti.
Incontriamo bambini che, nonostante storie di violenza e abbandono, sanno giocare, sorridere e sognare e che tra loro sanno compiere gesti di gentilezza.

Vedere tutto questo ci commuove, ci fa emozionare, ci fa provare una grandissima stima e rispetto verso queste persone che, dopo aver preso coscienza della loro situazione, tirano fuori i denti per lottare e cambiarla, senza mai mai mai dimenticarsi degli altri fratelli e sorelle che stanno peggio.

Loro per noi sono dei grandi esempi di vita e di resilienza da cui vogliamo imparare e che sicuramente porteremo sempre nel cuore.

… Concludiamo qui per ora le nostre riflessioni, speriamo di non avervi spaventati o preoccupati troppo, ma sentiamo la necessità e la responsabilità di condividere anche queste cose: un pochino noi abbiamo assunto
il ruolo di essere i vostri occhi e le vostre orecchie dall’altra parte del mondo, no? Sentiamo che essere qui con il Gruppone vuol dire anche questo.

Se qualcuno ha delle curiosità in più scriveteci! Avete i nostri numeri, oppure fatelo via mail: genovesemargherita@gmail.com e gianluca.ficco@gmail.com

Magari con un po’ di ritardo, ma siamo sempre felici di rispondervi!

Vi abbracciamo forte!

Marghe, Gian e Lia

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