Ciao a tutti e a tutte!
Rieccoci a raccontarvi un pochino dell’immensità di vita che qui stiamo attraversando.
E’ la nostra prima mail da quando il 2024 è iniziato ed è difficilotto riepilogare tutto quello che nel frattempo è successo, ma crediamo non sia nemmeno necessario per voi avere questa lista dettagliata, no?
Rapidamente condividiamo con voi che questi primi mesi sono stati scanditi da diverse visite dall’Italia: a dicembre e gennaio era con noi Stefano, con il quale abbiamo vissuto, tra le altre belle cose, un interessante e avventuroso viaggio on the road verso Roraima, passando per Boa Vista, Pacaraima (dove siamo stati ospitati da Giorgio e Cristina) e arrivando fino in Venezuela; a inizio febbraio ha fatto un veloce ma intenso passaggio qui don Riccardo, nostro caro amico e guida, nonchè fondatore dell’MCVE, il quale ha accompagnato il riavvio delle attività per questo nuovo anno e ci ha confessati per bene; a fine febbraio i genitori di Marghe sono venuti una settimana per conoscere Leonardo e rivedere Lia.
Non ci dilunghiamo a parlare di ognuno di loro, diciamo semplicemente che è stato molto bello sentire vicine queste persone care, tramite cui sono arrivati fortissimi il sostegno, il calore e l’affetto di tanti altri che sono in Italia.
Anche perchè per noi – e veniamo a QUI – questi continuano a essere mesi di veloce transizione. Bellissima, ma comunque tosta. La nostra routine è cambiata moltissimo rispetto all’anno scorso: Lia ha iniziato la scuola, che la vede impegnata tutte le mattine dalle 7.00 alle 13.00; Leo cresce veloce e, come per tutti i bebè, ogni mese attraversa una fase differente che richiede le dovute energie e attenzioni; Marghe e Gian all’interno del Movimento quest’anno stanno assumendo dei compiti un po’ più specifici e cercano di portarli avanti al meglio, alternandosi mezza giornata a testa a lavoro, affinchè uno dei due sia sempre a casa coi bimbi.
Nello specifico, Gian quest’anno sarà coordinatore del progetto “Esperançar”, che si occupa di persone che attualmente vivono in strada offrendo loro colazione, pranzo, vestiti, igiene personale e ascolto/accompagnamento con l’assistente sociale ed educatori per tre giorni a settimana. Inoltre supporterà a livello organizzativo i volontari che attuano nel negozietto dell’usato e continuerà ad appoggiare i catadores, oltre a rimanere disponibile per i vari lavoretti di manutenzione in mcve.
Marghe lavora nel suo ambito: le educatrici le hanno chiesto di aiutarle a rivedere, risignificare e ripensare il progetto delle scuoline, che percepivano molto ripetitivo e, per molti versi, in stallo; pertanto è stato iniziato da febbraio un processo di riflessione condivisa, alla ricerca di nuovi contenuti in cui formarsi, nuove metodologie di progettazione, nuove idee ludiche e educative da usare coi bimbi. Marghe sta provando a facilitare questo lavoro di equipe che durerà tutto l’anno, e sarà quindi impegnata in due fronti: la parte di progettazione e riprogettazione continua con le educatrici e la parte di operatività direttamente coi bimbi, cercando di girare periodicamente in tutte e cinque le scuoline portando delle attività conformi al percorso seguito dalle stesse educatrici.
Come stiamo?
Difficile dare una risposta secca e univoca, dipende un po’ dalla giornata (e dalla nottata che la precede) e anche da chi di noi due viene interpellato. Gli occhiali con cui Marghe e Gian guardano la realtà che li circonda rimangono moooolto diversi, questo dato di fatto è contemporaneamente la nostra maggiore ricchezza e la nostra più grande sfida. Diciamo che STIAMO. Non nel senso sarcastico del termine, bensì nel senso che ogni giorno scegliamo di STARE al cospetto dell’Altro.
L’Altro che ci chiama sempre fuori di noi anche quando staremmo comodamente seduti, l’Altro che, rispecchiandoci, ci sbatte in faccia le nostre pecche e le nostre contraddizioni, l’Altro che ci contraddice, l’Altro che agisce spesso nel modo opposto a come agiremmo noi, l’Altro che dice il contrario di quello che vorremmo sentirci dire, l’Altro che proprio non capisce il mio punto di vista, l’Altro che io non riesco proprio a capire. L’Altro che mi accoglie, disarmandomi, l’Altro che mi respinge, l’altro che mi interroga, l’Altro che, vivendo una vita diversa, avendo convinzioni diverse, mi mette in crisi. L’Altro che sempre mi può dare e insegnare tanto, nella misura in cui io riesco ad aprirmi per ricevere. L’Altro a cui anche io posso sempre dare, ma magari col tempo scopro che ha bisogno di cose diverse rispetto a quelle che io ero convinto di volergli rifilare. L’Altro che è e rimane un mistero, irriducibile.
E qui, in modo amplificato rispetto a casa, è TUTTO Altro: questo Paese, le persone che lo abitano, le condizioni di vita in cui molti si trovano a vivere (molto Altre rispetto ai nostri standard), il Clima eternamente torrido, la Natura maestosa, tanto invadente quanto invasa. L’Altro sono anche i nostri bambini, che ci chiedono di superarci e di attivarci anche nei momenti di “riposo”, l’Altro è il nostro partner, compagno/a di questa scelta, nostro sostegno ma anche a volte spina nel fianco. L’Altro è quella parte di me che emerge nell’incontro con tutte queste alterità e che io non conosco, che un po’ mi spaventa, un po’ mi delude, un po’ mi sorprende.
Questa esperienza ci sta mettendo alla prova chiamandoci a misurarci ogni giorno con l’Alterità, senza avere tanti cuscinetti che parano i colpi, senza mezzi termini. Non nascondiamo la fatica che tutto questo comporta, perchè il proprio equilibrio viene costantemente messo in crisi, ma crediamo che, in fondo, sia questo il motivo che ci fa perseverare nella nostra scelta, perchè ne è il cuore.
Stiamo scoprendo che solo provando a stare con l’Altro (in tutte le declinazioni elencate) riusciamo a scorgere che è molto di più di quello che pensiamo di lui.
Un esempio?
Siamo andati anche quest’anno a fare le visite alle famiglie dei bimbi che parteciperanno ai progetti. Entrando nelle cosiddette “invasioni”, dove molte famiglie risiedono, è difficile non essere assaliti da grande commozione, un misto tra pena per chi vive in un degrado simile, vergogna pensando alle proprie privilegiate condizioni di vita, imbarazzo perchè non si sa bene come comportarsi, fastidio per l’odore nauseabondo che arriva dalle fogne a cielo aperto e dalle immondizie che occupano le strade, paura perchè quelle stradine sterrate di notte diventano teatro di spaccio, violenze, stupri, esecuzioni, …… Spesso entri nelle case pensando di incontrare solo miseria, incuria, durezza in quelle persone a cui la vita ha riservato così tante difficoltà. E poi magari varchi una soglia e sei inondato da un fresco profumo di fiori e scopri che quella giovane nonna che si prende cura di due nipotine ha anche la passione per il giardinaggio ed è riuscita a trasformare l’interno della sua casa, che sorge in un quartiere di terra arida, in un piccolo verde angolo di paradiso, dove addirittura la temperatura, grazie alle varie piantine che tappezzano le pareti, sembra essere più sopportabile.
Oppure, nello stesso quartiere, conosci sette fratellini rimasti senza genitori, che vivono anche loro con la nonna, la cui unica fonte di sostentamento sono alcuni sussidi statali che non arrivano a un salario minimo (corrispondente a circa 280 euro) e ti chiedi come facciano a vivere, a mangiare, a vestirsi… Già inizi a pensare “poverini” prima ancora di incontrarli. Poi li vedi, ti salutano con sorrisi dolcissimi, alcuni stanno facendo colazione con un po’ di caffè con farinha e te lo offrono senza pensarci, la nonnina fa tantissima festa alle educatrici, ci abbraccia e ci chiede perchè non eravamo più passate a farle visita. E’ una donna pazzesca, da anni tutti i giorni accompagna i bimbi alla scuolina e si ferma lì come volontaria per aiutare nelle pulizie e nella cucina, ogni anno dice che è l’ultimo, ma poi continua. Scherza tanto, condivide, parla a voce alta e fiera, che le si abbassa quando racconta della figlia deceduta durante il parto dell’ultimo bimbo, non si vergogna di piangere davanti a noi. Ci abbraccia con forza, ci saluta dicendoci di tornare quando vogliamo.
Non vogliamo cadere nella retorica spiccia e ipocrita del “non hanno niente eppure hanno tutto” o nella sua variante “… eppure sono felici”. La questione è molto più complessa. Ma in questo momento sottolineiamo semplicemente che non è giusto categorizzarli come “poveri” e generalizzare quello che sono a partire da questa unica caratteristica, perchè dietro ad ogni persona che incontriamo ci sono mille storie, mille battaglie, tante sofferenze, ma anche gioie e sogni, passioni e delusioni… Sicuramente, però, vivere nella mancanza di opportunità non rende le loro vite facili, anche se – e per fortuna – riescono a trovare motivi per ridere!
Scusate se ci siamo soffermati su queste riflessioni, ma per scriverle e trovare le parole che rappresentassero il nostro sentire ci abbiamo messo tanto, ci è fumata la testa, abbiamo anche pianto perchè abbiamo toccato tasti profondi e delicati. Ne avevamo bisogno noi in primis per fare un punto della situazione, quindi grazie per averci letto. Magari potrete trovare queste righe interessanti anche per voi.
Un abbraccio fortissimo a ognuno e ognuna!
E buona Pasqua <3
Marghe, Gian, Lia e Leo
PS: vi inviamo qualche foto nostra e dei bimbi durante qualche attività, col MCVE e non solo…
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